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Il problema osmosi nelle imbarcazioni da diporto.

E se la chiglia è rovinata ?

In questo caso dovremo studiare attentamente la nostra chiglia, considerando seriamente di rinforzare le parti piu' deboli, in modo da evitare una flessione eccessiva in navigazione.


Consideriamo innanzitutto i vari materiali in commercio per poter rinforzare e/o riparare la vetroresina:
Fibra di vetro:
Costo modico, buona resistenza alla compressione, peso elevato.
Fibra di carbonio:
Costo elevato, leggerissimo, ottima resistenza a compressione, scarsa in trazione.
Fibre di aramide (Kevlar):
Eccezionale resistenza alla trazione, scarsa in compressione,costo elevato.
Fibre miste (Kevlar+fibra di vetro), comunemente chiamato Aramat :
Ottima resistenza a trazione, buona in compressione, peso medio, costo relativamente contenuto.

Procedimento

Per poter utilizzare questi materiali di rinforzo, generalmente venduti in rotoli di larghezza di 120 cm, bisognerà innanzitutto preparare in modo differente la chiglia, ovvero "pelandola" con una pialla elettrica, per asportare uno o piu' strati della vetroresina esistente.
Quindi, in seguito ad una prima applicazione di resina epossidica senza solvente, si applicheranno, in modo da incrociarli, due strati di fibre.
Consiglio inoltre un'ultimo strato di panno di vetro, leggerissimo, il quale darà una superficie relativamente omogenea al tutto.
In seguito applicheremo uno stucco epossidico (importante, il poliestere non va bene), carteggeremo il tutto e quindi un'ultima applicazione di primer per antifouling.

Un'ottimo risultato si ottiene applicando un primo strato di Aramat, il quale avrà una buona resistenza a compressione + un'eccezionale resistenza a trazione, senza dare I problemi di imbibimento comuni al Kevlar nudo.
Il secondo strato andrà bene in VTR, ma nel caso si voglia alleggerire il tutto, e si vogliano caratteristiche eccezionali, a questo punto non resta che la fibra di carbonio, eccezionale per resistenza a compressione, quindi agli urti.
Facendo cosi' avremo una chiglia che esternamente assorbirà gli urti, e possederà una parte interna che lavorerà al contrario, cioè per trazione, quindi un'ottima resistenza pur mantenendo una relativa elasticità.

Per quanto riguarda I vari tipi di resine epossidiche in commercio non ho rilevato sostanziali differenze qualitative, se non unico il prezzo, quindi una resina con caratteristiche dichiarate dii buon livello andrà benissimo.
Attenzione, e questo è veramente importante, ai tempi e alle temperature di utilizzo, oltre ai dosaggi i quali devono essere precisi, pesati e non misurati, poiché i componenti non hanno lo stesso peso specifico.
A differenza delle resine poliesteri, le quali hanno bisogno di un'induritore per catalizzare, le resine epossidiche sono prodotti a due componenti, i quali, in mancanza di uno o l'altro prodotto, daranno come risultato di avere parti non catalizzate, quindi liquide.
I tempi d'utilizzo sono anch'essi importanti, poiché, a seconda della temperatura saranno più o meno brevi, e se lasciate catalizzare troppo poco la resina (vuoi per temperatura insufficiente, vuoi per fretta) avrete un supporto che avrà tendenza a trattenere i gas di catalisi, i quali saranno estremamente deleteri, in quanto daranno inizio immediatamente ad un processo di osmosi, e, nel caso contrario, ovvero di troppo lunga catalisi, non avrete piu' un'aggrappaggio dello strato successivo, col risultato che nulla si potrà aggrappare efficacemente sul supporto stesso.
A questo secondo problema si può ovviare carteggiando la superficie, ma, vi assicuro che non è impresa da poco, anche perché la durezza della resina epossidica è estrema.
Mi auguro di essere stato chiaro ed esaudiente, almeno in parte.
Arrivederci nel Forum


Diego Gorni



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30 Dicembre - 2001 (Powered by Net Tuna)