Home Page BigGame.it  

Indice Tecniche di Pesca

    Rubrica Tecniche   :::   Rilascio del Pesce

Forum »   
Home »   
   

Tag & Release

  • Premessa

  • Fare e non Fare

  • Nel dettaglio

  • Ami e danni

  • Strani predatori (1)

  • Strani predatori (2)

  • Questione di tempo

 

Autore

Articolo di Alessandro Magno Giangio, estratto dal Forum di discussione del Biggame.it.

 

   NEWS

Catch, Tag & Release

Rilascio del Pesce

Foto Successiva

 

 

Release: ma quanto mi costi ?


In apertura avevo accennato alla sportività come un lusso, in senso metaforico. Tuttavia, vi sono anche un aspetto economico ed uno tecnico che ne ribadiscono il concetto in termini più pratici. Mi spiego meglio.
Innanzitutto, rispetto per il pesce vuol dire anche catch&release. Cioè a dire:
A) essere costantemente aggiornati sulle tecniche e le adeguate attrezzature "ecologiche" adatte al corretto rilascio dei pesci;
B) assumersi dei rischi di ordine fisico.
Vediamo questi due punti nei dettagli.


A. Per sapere come rilasciare un dato pesce bisogna informarsi presso le organizzazioni scientifiche (quasi tutte con sede all'estero) che si occupano di queste problematiche. Infatti, ogni specie va trattata in maniera completamente differente dalle altre: per questo motivo, tali organizzazioni forniscono ai pescatori interessati del libretti personalizzati per ogni specie di pesce a prezzi popolari per gli statunitensi, ma non tanto per chi ne fa richiesta da oltre oceano (tra spese di ricerca del contatto, costo effettivo, spedizione, etc).
Se poi andiamo sul discorso Tag&Release, oltre che Catch&Release, allora si vanno ad incontrare altre spese del tipo: le tag di rilascio, di un tipo ogni specie, (provate ad acquistarle all'estero...), aste di infissione (una per ogni tipo di tag...), spese di spedizione delle cartelle allegate alle tag (negli Stati Uniti, ovviamente...).
Le spese per le attrezzature "ecologiche", oltre quelle suindicate, di cui facevo menzione in apertura di capitolo, si riferiscono soprattutto agli ami (1), ai manicotti (2) e ai monofili.

 

Vediamone le problematiche nei dettagli

1. Gli ami adatti per un discorso ecologico sono costosi, non tanto se presi a confronto rispetto ad un pari in acciaio inox (ben più caro), quanto al fatto che deteriorandosi subito a contatto con mare ed esche, devono essere buttati via dopo un solo giorno d'uso. Quindi se ne adoperano e ne servono molti di più a parità di uscite in pesca.
A titolo d'esempio, io facendo 10-12 viaggi all'estero l'anno, avevo un consumo annuo di circa 300 ami inox; passando ad un regime "ecologico", ho fatto la fortuna di Capt. Harry's con più di 2000 ami l'anno!
In più, gli ami ecologici (Mustad 95103XC, Mustad Catch&Release, Eagle Claw Siwash barbless blue) sono assai difficili da affilare e quando, durante l'operazione di affilatura, ci si buca, oltre al dolore ci sono anche dei rischi di salute.
Io, sempre a titolo d'esempio, che ci sto molto attento, comunque sono dovuto ricorrere tre volte alle iniezioni di anti tetanica (costose anch'esse).


2. Perchè i manicotti e non i nodi? Perchè, sempre da un punto di vista ecologico, se un amo rimane in bocca al pesce per rottura della lenza o perchè il pescatore ha deciso di tagliare il terminale (operazione attualmente molto in voga, perchè ritenuta più ecologica del "maneggiamento" del pesce), il manicotto, essendo di rame, si dissolve assai più rapidamente liberando il pesce dallo strascico di lenza. Il nodo, questo non lo permette, ovviamente. E lì vengono fuori altri costi perchè manicotti (di varie misure), redance (di varie misure), pinze (di varie dimensioni) e altri microaccessori costano, e parecchio anche;


3. Per evitare di rompere troppo spesso la lenza e lasciare così il pesce con metri e metri di filo addosso, si devono cambiare con più frequenza sia i monofili in bobina che quelli da terminale: questi, sono costi assai alti da sostenere.


B. Targare e rilasciare correttamente uno squalo, un marlin o un tonno ancora vitali, presuppone da parte del pescatore un contatto molto più ravvicinato e duraturo nel tempo rispetto ad una raffiata. Le operazioni di rivitalizzazione di un grosso animale comporta dei seri rischi: personalmente mi sono beccato tante di quelle rostrate e codate addosso che più di una volta mi sono chiesto chi me lo faceva fare. Per non parlare di una avventura nel rilasciare uno squalo tigre di oltre 800 libbre in Guinea Bissau per la quale manca poco ci lascio le penne. Naturalmente, le relative spese delle medicazioni e il premio di una costosa assicurazione-vita, rappresentano altre notevoli spese da aggiungere al conto, almeno per me.
Ora, tutto questo discorso, io non l'ho fatto di certo per giustificare il non rilascio dei pesci a fronte di un motivo fatto di vile danaro, anzi. Piuttosto, perchè non mi va di essere preso per i fondelli da tutti quelli che in sede di decisioni in materia di pesca sportiva (leggi, licenze, restrizioni, divieti, decreti, parchi marini, etc) si prendono il lusso di darci di pescivendoli, di distruttori del mare e d'animali e affibbiarci così disposizioni legislative inique, eccessive e -fatto più grave- ipocrite, difendendo invece a spada tratta, in sede CEE, la legittimità delle spadare e dei longliners.
Il lusso della sportività, cari signori, me lo pago di tasca (6 milioni l'anno), di salute e di coscienza mie. Altro che licenza per "la pesca di lusso".
Come quindi avrete potuto arguire, la questione release non è proprio tutta rose e viole perchè, di certo, rappresenta un mero palliativo alla drastica diminuzione degli stock ittici degli ultimi decenni: è inutile darsi tanto la pena per il tag e il release, quando manca, in primis, il catch.


(Ami e Danni) »»

 

 

 

9 Febbraio - 2002